lunedì 14 gennaio 2008

MORATORIA ABORTO

Sono tra quei "poveri di spirito" che cita Panebianco nel suo editoriale sulla moratoria contro l'aborto, lanciata da Giuliano Ferrara.

Sono lieta d'apprendere che non ne ho capito il senso, e lo scopo reale.

Che sarebbe, nello specifico, quello di - cito testualmente - "favorire una rivoluzione culturale, al termine della quale l'aborto torni a essere considerato dalla coscienza pubblica anziché un diritto della donna, una riprovevole forma di soppressione della vita".

Rimango sempre sorpresa quando leggo una firma maschile che s’esercita sul tema.

Mi pare che in questi casi, una volta di più, s'apra con tutta la sua evidenza la ferita che allontana l’uomo dalla donna: l’ineguaglianza del percepire.

Chissà, se il maschio fosse strutturato per pance, latte, nausea, accudimento della prole, smetterebbe di scrivere tutte queste sciocchezze su una presunzione di sentire femminile.

Sarò banale, ma ci terrei a ribadire che l’aborto è l’ultima opzione.

L’aborto è una “fucilata”. E’ drammaticamente attuabile, ma è un prezzo drammaticamente solvibile.

Questo è quello che direbbe ciascuna donna, se interpellata. Al di là di disparità culturali, geografiche, sociali.

Perché la maternità è, forse, l’ultimo luogo rimasto dove la femmina ritorna animale.

E nella casa dell’istinto, il posto per le concettualizzazioni filosofiche, soprattutto di un certo tipo di maschi, è fuori dall’uscio.