lunedì 30 aprile 2007

PARIS C'EST MOI

Tre giorni parigini, alla vigilia del secondo turno.
Tre giorni di primavera, calda, e sole.
Meraviglioso clima preballottaggio, terrazze di verde perfino sui tetti dei centri commerciali, affiches elettorali presenti, ma non invadenti, e quasi solo su Ségo.
Non ho trovato nessuno che avesse votato (o intendesse farlo) Sarkozy.
Solo uno, d'origine marocchina, sui 35 anni, mi ha detto che attendeva le "debat" di mercoledì 2 maggio per scegliere.
E molti altri hanno confermato che l'appuntamento è decisivo, così come lo è stato nelle precedenti elezioni presidenziali. Come quella del '95, in cui Chirac, al secondo turno, batté Jospin con il 52,6 per cento.
Meravigliosa Parigi, dove i cellulari non squillano, le coppie sono miste, i bambini di tutte le razze, i parchi luoghi in cui nessuno si sente autorizzato a disturbarti, mentre leggi il giornale, solo perché sei una ragazza, e sei sola.
Parigi, dove spendere un pomeriggio intero in un café, col naso dentro un libro, non è reato.
Dove le file si rispettano in sobrietà, la metropolitana raggiunge ogni arrondissement, e nei negozi ti accolgono con un sorriso, anche se non sei francese.
Parigi dove nel cuore del quartiere ebraico di Marais gli omosessuali camminano per mano, per la strada, o si baciano, senza altrui isterismi.
Parigi dove le ragazze sono tutte belle e diverse, e passeggiano per la strada con mazzi di fiori tra le mani, e una scia di allure dietro di loro..
E poi, volati via, il consueto squallore tutto italiano, una ratatouille di arruffianamento e paraculismi, maschilismo e "tutto se po' fa'", antimeritocrazia, ignoranza &arroganza, dove la mafia è una compressa che si sciogle rapida e non ne rimane traccia, ma è già scesa in tutto l'organismo. E i posti di lavoro, solo camere di decompressione per psicosi collettive..
Vive Paris, vive la France (et la révolution!)!

lunedì 23 aprile 2007

LAURA PUPPATO & RIFIUTI

Questa qui è una sindaca con gli attributi, anche se l'espressione non mi piace affatto.
Sul sito dell'Unione di Montebelluna, accanto alla sua faccia, c'è scritto un semplice rigo: sindaco di Montebelluna.
A corredare le foto dei suoi colleghi, invece, c'è una crestomazia di nomine e qualifiche politico-ministeriali, barra parlamentari.
Laura Puppato dirige dal 2002 un comune di poco meno di 30mila abitanti, a pochi chilometri da Treviso, tra il fiume Piave e le colline asolane.
Tra poco in comune si rivoterà.
Nei sondaggi il pronostico è tutto per Ermanno Serrajotto (Lega nord), col 39.8% di preferenze. Segue, a pochi punti di distanza, lei, col 31.5%.
A dar retta al popolo internet, tra poco Montebelluna non avrà più Laura a farle da nocchiero.
Ed è un vero peccato, non per una questione politica, ma personale.
Laura ha condotto una vittoriosa battaglia contro l’inceneritore che Provincia di Treviso e Regione Veneto avevano già deciso di costruire nel territorio comunale.
In un’area di 30.000 abitanti si è passati dal 42% di differenziata del 2002 al 77% di oggi, e dai 280 kg per abitante l’anno ai 100 attuali. Risultati fantastici.
Ottenuti con l'introduzione del "porta a porta" per ogni tipologia di rifiuto e della tariffa puntuale applicata alla produzione di residuo (meno produci, meno paghi).
Tanto che, ricorda Laura, "oggi, quando i nostri concittadini vanno in vacanza dove non si applica la raccolta differenziata, tornano a casa coi loro rifiuti".
Quando mi ha raccontato che a Napoli, ha spiegato che sì, ce la si può fare, a fronte di una minuziosa strategia e di tanta buona volontà, e la sua platea (di politici e amministratori lamentosi) non ha gradito, e lei voleva mettersi le mani tra i capelli per quello che ha visto, ci ha fatto il regalo di capire, caso mai qualcuno ne dubitasse, che le cose che sembrano irrealizzabili si possono fare, con un po' di sacrificio e una buona organizzazione. Che in questo paese, di inceneritori, ne abbiamo già abbastanza, e che, insomma, le soluzioni alternative non sono solo demagogia futuristica, ma ci sono già, sono il presente.
Montebelluna lo sa, Laura Puppato lo ha fatto.
E gli altri comuni d'Italia (per esempio Ottana, in Sardegna, dove c'è in previsione la costruzione
di un termovalorizzatore ad impatto ambientale devastante), che aspettano?

AMMUSSIAMOCI TUTTI


Non so voi,
ma io voglio la sua tessera...

IL RISCATTO DELLA TAGLIA 38...


MAGRE CERTEZZE
E se il mortale dilagare dell’anoressia non fosse così dilagante? Ecco
gli studi che smentiscono l’allarmismo (dilagante) di stilisti e ministri

http://www.ilfoglio.it/pdfdwl/11716400_9.pdf

ENZONE NOSTRO


Lo so, lo so. Sa di melodramma.
Lo so, gli animi cinici si scioglieranno,
ma sotto l'acido caustico,
non certamente dentro sentimentalismi.
Lo so, è un po' come quei nonni rompicoioni
che parlano sempre della guerra...
Eppure, devo dirlo.
Vederlo così, curvo sotto i suoi 87 anni,
con la voce rotta, a parlare di "incidente tecnico"
dietro le lenti gigantesche, con lo sguardo rivolto sempre al passato,
beh, un certo effetto lo ha fatto.
Dai, Enzone, che sei tornato!!!

martedì 17 aprile 2007

TELECOMFURBETTI

Piaggio, Mediaset, Benetton..

venerdì 13 aprile 2007

GROSSO GUAIO A CHINATOWN


Ieri, a Milano, 300 musi gialli
contro i ghisa.
Botte da orbi, Rob de ciòd!

DE DOMINICIS


Oggi a terra, a Milano, c'era un altro Gino...
Meravigliosa, mefitica Milano...

giovedì 12 aprile 2007

SCELLI "NO"

E dopo Teodori ieri sera a Otto e mezzo, pure Scelli che ci fa la lezioncina su come si porta a termine un rilascio d'ostaggi - e la fa a Gino Strada - questo no.
Pure Scelli no,
ve prego.

mercoledì 11 aprile 2007

BUFERA MASTROGIACOMO

Ma che razza di paese è quello in cui non si riescono a lavare i panni in casa propria, ma è necessario stenderli lordi alla “Camera” in un’interrogazione parlamentare per chiedere la testa del governo e farsi materia di celia per il resto d’Europa?
Un sequestro è un sequestro. E come tale, piega necessariamente la testa al "segreto" ad esso connaturato. Trattative celate, passaggi di denaro, accordi bilaterali, spesso proprio in quella “zona grigia” che è
divenuto tanto di moda citare.
In questo, nel caso Mastrogiacomo come in quello di Abu Omar, è la responsabilità di politica e magistratura ad aver sgretolato credibilità e autorevolezza del nostro apparato d’intelligence.
Come cittadino non sono tenuto a sapere né i contatti, né le modalità d’agire dei servizi segreti del mio paese. Neppure se rapiscono per strada un imam.
Nomi, fatti, relazioni devono rimanere RISERVATI. E non essere sezionati sotto la lente giudiziaria o il dissenso politico. L'avvocatura di Stato, nel caso Abu Omar, parla di "rischio concreto di ostracismo informativo " cui sono esposti i Servizi italiani dopo la divulgazione dei risultati istruttori.
Nessun ostaggio – se non in eccezionali casi – è scivolato via dalle mani dei suoi sequestratori senza una ragionevole contropartita. Tutti noi lo sappiamo, anche quando ci dicono che non è stato pagato alcun riscatto. Tutti noi fingiamo di non sapere. La scelta politica di questo governo, quella d’affidare quel delicato passaggio nelle mani di Emergency, seppur accondiscendendo alle sue condizioni, è una scelta. Punto. Nella precedente legislatura, sotto Berlusconi, altri sei ostaggi sono tornati a casa. Qualcuno ha sostenuto che il profilo Letta sia stato più callido ed efficiente.
Forse, anche se non esente da qualche drammatico incidente (vedi Calipari). Credo però che non si possa imputare l’inopportunità di una scelta a posteriori. Ognuno attua il proprio libero arbitrio. In questo caso, di mezzo c’era Gino Strada. Nell’ingarbugliato pasticcio di responsabilità che ne è seguito, nelle dita corrive puntate su questo (italiano) o quel governo (afghano), su questo o quel colpevole, non si dimentichi che si tratta con uomini, i talebani, cui il profilo morale non richiede né il rispetto dei patti, né il mantenimento della parola data. Al contrario, il peso specifico di ogni loro azione (vedi la decapitazione del povero Adjmal) può giocare favore alla loro causa, così come alle loro motivazioni. Rovesciare la responsabilità su un governo, agli occhi della sua popolazione, ad esempio. Quando si punta il dito su Karzai o su Prodi, su Gino Strada o sui servizi segreti afghani, non si dovrebbe dimenticarlo.

venerdì 6 aprile 2007

TELECENTRISTI

Mi sa che questo qui stavolta ci ha preso......

Per Casini la regola è una sola: Telecom vada a chi la paga cash
Il Foglio, 06/04/07
http://www.ilfoglio.it/pdfdwl/11580400_4.pdf

TELECOMUNISTI











Franco Giordano su Telecom:
"Siamo quasi a Totò che vende
la Fontana di Trevi".

RAGAZZO SUICIDA

Forse il messaggio più triste, più penoso, dopo la vicenda del giovane Matteo, suicida perché atterrato dai continui vituperi dei compagni, che l’apostrofavano sull’identità gay, urlandogli “Sei un Jonathan”, è proprio del Jonathan in questione (vincitore d’una edizione del GF), involontariamente chiamato in causa. O meglio, grave è il messaggio del suo manager, Maurizio Braca, il quale, in una nota oggi riportata sul Corsera, afferma: “Jonathan è rimasto molto colpito e assolutamente dispiaciuto di essere stato usato inopinatamente come strumento di derisione. Ma hanno usato un’icona sbagliata: lui è un dandy, non un gay”.
Terribile.

martedì 3 aprile 2007

DI NUOVO MALINDI

"La Melandri è una donna in gamba, nata a New York, open mind. Non credo che una persona si debba vergognare di essere venuta a casa mia. Che imbarazzo ci sarà mai a frequentare una volta casa Briatore per una che frequenta regolarmente vertici con Mastella e Pecoraro Scanio?".
(Flavio Briatore)

NO PASARAN

Ronde anticrimine davanti ai campi rom
http://www.camicieverdi.com/blog/?p=6

"BAGNASCO VERGOGNA"

Muri etiam loquuntur

"GIU' LE MANI DAL TESORETTO"



lunedì 2 aprile 2007

BAGNASCO VS TETTAMANZI

Mentre l’arcivescovo di Genova Bagnasco s’impantanava nel pasticciaccio di dichiarazioni poco avvedute (poi smentite) sull’equivalenza tra Dico e incesto-barra-pedofilia, quello di Milano, Tettamanzi, davanti alla folla di giovani riuniti in Duomo per la tradizionale veglia in Traditione Simboli, diceva: “Un desiderio che porto nel cuore è quello di scrivere una lettera a tutti i giovani, anche a quelli che non credono o non frequentano più le nostre comunità cristiane, per affidare a ciascuno una parola di incoraggiamento”.
Anche a quelli che non credono.
Parola d’incoraggiamento.
Noi, di espressioni simili, senza cipigli cardinalizi, senza bacchettamenti, senza reprimenda,
non ne sentivamo da tempo, dai vertici delle gerarchie ecclesiastiche.
E neanche queste: “So bene che oggi per un giovane non è facile guardare al proprio futuro, che le statistiche dicono che uscite di casa dopo i trent’anni, che il contesto economico e le prospettive di lavoro non vi aiutano”, ma “Abbiate il coraggio di sognare! Non accontentatevi di piccole storie. Non rassegnatevi a relazioni di basso profilo, non mendicate affetti per riempire solitudini».
Forse qualcuno, nei dintorni della Cei o giù di lì, dovrebbe venire a farsi un giro a Milano. Da Dionigi.

TESTIMONIALS FAMILY DAY

Sul sito di Savino Pezzotta si legge: «Non è più possibile mentire per la maggioranza. Cerchino una maggioranza variabile per varare una seria politica per la famiglia». E ancora: «Non so loro, ma a me di fare sempre la foglia di fico non va. Un politico ha sempre il dovere di cercare soluzioni ai problemi, ma ci sono cose che non sono mediabili all'infinito. E il disegno che sta dietro ai Dico è una di queste».
Bergamasco doc, prima operaio poi sindacalista, ora anche membro del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace si definisce un «cristiano gaudente, perché per me è gioia: non disprezzo il cilicio, preferisco portare il sorriso».
Sorriso che lo accompagnerà a Roma, al family day, il 12 maggio, portavoce nazionale insieme a Eugenia Roccella.
“La scelta – si legge sul sito del Sir (servizio informazione religiosa) – è caduta su due personalità provenienti dalla società civile, dotate di un profilo di autonomia rispetto alle stanze della politica e soprattutto in grado di tradurre sotto il profilo culturale e sociale l’ispirazione del manifesto: affermare l’insostituibilità della famiglia fondata sul matrimonio e aperta a un’ordinata generazione, secondo il dettato costituzionale; opporsi ad ogni tentativo di indebolire la famiglia sotto il profilo sociale, culturale o legislativo; promuovere incisive politiche sociali a favore della famiglia; aprire spazi al soddisfacimento dei bisogni delle persone conviventi solo attraverso la libertà contrattuale ed eventuali ritocchi al Codice Civile”.
Sinceramente, non immaginavo che la Bindi fosse più a sinistra di Pezzotta.
A questo punto, al prossimo gay pride, vogliamo Luca Cordero di Montezemolo e Sandro Bondi.